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Grana Padano

IL LATTE ED IL FORMAGGIO

A fine Ottocento dopo l’Unità d’Italia, con il fondamentale concorso dei “malghesi”, l’allevamento delle vaccine nella zona di Marmirolo aveva raggiunto un considerevole sviluppo e il latte, grazie alla vicinanza della città, era in buona parte smerciato nel mercato urbano.

Una certa quantità veniva tenuta da parte per produrre burro, ricotta e formaggi. Anche l’industria del caseificio, infatti, si stava consolidando e in particolare, grazie all’introduzione di nuove tecnologie, accanto ai formaggi molli si faceva strada la produzione dell’antico “cacio” stagionato detto di grana.

L’EREDITÀ DELLA TRANSUMANZA

Nei primi anni del Novecento la campagna di Marmirolo viveva in buona parte sui caseifici che inizialmente producevano soprattutto formaggi molli e magri che venivano esportati anche nel Milanese. Nel frattempo si stava diffondendo la lavorazione continua del latte in sostituzione di quella soltanto invernale legata all’attività stagionale dei “malghesi”.

E proprio l’antica transumanza dei montanari veneti lasciava un’eredità indelebile nella zona dei prati stabili di Marmirolo frequentata per secoli dalle loro famiglie: saranno infatti i discendenti di questi storici allevatori-casari a fermarsi nelle campagne a Nord di Mantova, contribuendo a fondare una nuova moderna zootecnia “stanziale” che si specializzerà sempre di più nella produzione del formaggio “grana”.

Il vero boom lattiero-caseario a Marmirolo e dintorni si ebbe nell’ultimo Dopoguerra, grazie all’incremento del patrimonio zootecnico e quindi della quantità di latte disponibile. Fin dall’inizio del secolo, questa favorevole situazione aveva stimolato la costituzione di latterie cooperative, che riunivano più allevatori in un’unica struttura societaria. In tal modo gli associati potevano conferire il latte in un caseificio comune dove avveniva la lavorazione, ottimizzando sul piano tecnico e su quello economico la produzione di burro, formaggio e di altri latticini; la trasformazione diretta, infatti, saltando i passaggi legati al conferimento ad altri trasformatori, permetteva (e permette) di recuperare buona parte del valore aggiunto dell’attività produttiva.

I caseifici sociali sorsero quindi dalla necessità di unire le forze e grazie alla sempre maggiore importanza che acquisivano i mercati del latte, del burro e del formaggio, soprattutto dello stagionato tipo grana che negli anni ’50 prenderà il nome di Grana Padano.

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